Laboratorio analisi

Il tumore alla prostata (CaP) è il più comune tumore maligno nel maschio anziano in Europa. Esso rappresenta uno dei principali problemi di salute specialmente nei paesi sviluppati dove la popolazione anziana è sempre in aumento.

Diagnosi

  • Il PSA (Antigene prostatico specifico) è un enzima prodotto dalle cellule ghiandolari della prostata e secreto nel liquido seminale, dove svolge un ruolo fisiologico preciso, contribuendo alla liquefazione della seminogelina e favorendo cosi la mobilità degli spermatozoi.
    L’antigene prostatico specifico (PSA totale) è sicuramente il marker più utilizzato e più affidabile che viene attualmente impiegato nella pratica clinica e in oncologia. Anche se il PSA totale ha rivoluzionato la diagnostica del carcinoma prostatico permettendone un riscontro sempre più precoce, il PSA totale non è un marker perfetto e manca soprattutto di specificità. Il PSA totale non è infatti un marker cancro specifico, ma piuttosto un marker d’organo e di patologia prostatica, sia maligna che benigna. Variazioni di PSA totale nel sangue possono essere determinate da un carcinoma prostatico, da un’infiammazione, da un trauma o da proliferazioni benigne.
  • La DRE (Esplorazione digito-rettale) rappresenta sovente il primo approccio diagnostico al paziente che presenti sintomatologia riferibile ad una patologia prostatica. Con la DRE si apprezzano il tono dello sfintere anale, lo stato di ripienezza dell’ampolla rettale, le dimensioni, la consistenza, la configurazione della prostata, la persistenza del suo solco mediano, la simmetria fra i due lobi, la dolorabilità della ghiandola e l’eventuale presenza di un nodulo di diversa consistenza ghiandolare. Del nodulo si possono definire la sede, i margini, la superficie e la consistenza.
    La presenza di un reperto rettale anormale è un’indicazione all’esecuzione di una biopsia prostatica. La DRE può dunque essere ancora considerata come un’indagine diagnostica di prima linea, essendo semplice e non invasiva, ma presenta i grandi svantaggi della variabilità soggettiva e dell’impossibilità di apprezzare l’intera prostata, di conseguenza non va mai impiegata isolatamente per formulare una diagnosi di carcinoma prostatico.
  • La biopsia è un esame che può essere eseguito attraverso la via, transperineale e quella transrettale.

Terapia

  • Trattamenti dilazionati: sorveglianza attiva e vigile attesa.
    L’incidenza di CaP di piccole dimensioni, localizzati e ben differenziati è aumentata, soprattutto a causa del risultato dello screening con il PSA. Molti uomini con un CaP localizzato non beneficiano nell’immediato di un trattamento definitivo, e il 45% degli uomini con un CaP scoperto con screening opportunistico possono essere candidati ad un trattamento conservativo.
    Inoltre, negli uomini con plurime comorbilità e una bassa spettanza di vita, il trattamento di un CaP più localmente avanzato può essere rimandato, con lo scopo di ridurre la perdita di qualità della vita correlata al trattamento del CaP. Sono state, pertanto, sviluppate due strategie per il trattamento conservativo del CaP allo scopo di ridurre l’overtreatment (definito come il trattamento della patologia senza che essa apporti beneficio nel benessere del paziente durante la sua vita): la sorveglianza attiva e l’atteggiamento di vigile attesa.
    La sorveglianza attiva è anche conosciuta come “monitoraggio attivo”. Al contrario della vigile attesa, la sorveglianza attiva tende a ritardare il trattamento curativo del CaP piuttosto che a ritardare il trattamento palliativo dei sintomi.
    La vigile attesa è anche conosciuta come trattamento dilazionato o trattamento legato ai sintomi. Questa terminologia si riferisce al trattamento conservativo del CaP fino alla manifestazione di una progressione locale o sistemica con una manifestazione sintomatologica immediata. A questo punto il paziente verrà trattato in modo palliativo mediante resezione endoscopica della prostata o altre procedure per la disostruzione urinaria, terapia ormonale o radioterapia per la palliazione dalle metastasi.
  • Prostatectomia radicale. Il trattamento chirurgico del CaP consiste nella prostatectomia radicale (PR). Tale chirurgia consiste nel rimuovere l’intera ghiandola prostatica tra l’uretra e la vescica e l’asportazione di entrambe le vescicole seminali con adeguato tessuto circostante per ottenere dei margini chirurgici negativi. Spesso questa procedura è associata ad una linfoadenectomia pelvica bilaterale. Negli uomini con CaP localizzato e un’aspettativa di vita superiore a 10 anni, lo scopo della PR deve essere quello di eradicare la malattia, mantenendo la continenza e, possibilmente anche la potenza sessuale.
    La prostatectomia radicale retropubica è eseguita con tecnica aperta o con tecniche mininvasive per via laparoscopica (LRP) e robotica (RARP).
  • Radioterapia. Offre gli stessi risultati in termini di sopravvivenza della chirurgia. Inoltre garantisce una qualità di vita alla fine sovrapponibile a quella della chirurgia.

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